Uno di quegli anni “da Savona”, in cui si passa dalla disperazione più nera all’esaltazione massima senza vie di mezzo, senza che in nessun altro posto si sia in grado di capire.
Mario Robbiano iscrive il Savona alla neonata serie C2, poi molla lì tutto minacciando ritorsioni se non verrà aiutato a gestire il club. Dato che queste sfuriate avvenivano con cadenza trimestrale nessuno dà il giusto peso alle sue parole: persino qualche reduce della stagione precedente comincia ad allenarsi in attesa che la situazione si sblocchi. A quindici giorni dall’inizio del campionato ci si accorge che fa sul serio: campagna acquisti inesistente, contratti depositati zero, i pochi stipendi mai pagati, Robbiano scomparso nel nulla e niente che possa somigliare a una società!
Vista la situazione, dopo le prime partite di Coppa Italia i “vecchi” che si erano aggregati salutano e se ne vanno, restano i ragazzini della formazione Beretti. I dirigenti delle giovanili cercano di correre ai ripari alla meno peggio, ma la situazione precipita velocemente: chi ha un minimo di mercato preferisce lidi più sicuri, non ci sono neanche undici giocatori da mandare a Massa! A dire il vero non ci sono neanche tute e maglie, Robbiano ha promesso disimpegno totale e così è stato.
Per evitare guai peggiori in Federazione, si reclutano alla meno peggio 15 ragazzi tra quelli che erano ancora tesserati, molti di loro non avevano svolto nemmeno un allenamento! A Massa il “Savona” ci arriva su due pulmini da 9 posti, le tute sono state rattoppate dalle mamme e così le maglie. In campo è un massacro: Marongiu invita i compagni alla goleada nonostante le resistenze di qualcuno, il primo tempo finisce 6-0 ma il peggio deve ancora arrivare.
Nella ripresa praticamente è un tiro al bersaglio, i tifosi locali sono sconcertati: non hanno mai visto uno sconcio tale! La loro squadra prende a pallonate un manipolo di ragazzini che si sono presentati solo per fare presenza!
“Volevamo fare più gol possibile per la differenza reti” è la penosa scusa inventata a fine partita per giustificare un simile comportamento. Il 15-1 finale è un fuoco che brucia sulla pelle di tutta la città; il risultato travalica i confini locali e viene annunciato a “Domenica Sprint” da uno sghignazzante Guido Oddo; i tifosi sono infuriati e invitano le istituzioni a prendere provvedimenti per cercare di salvare la società.
La ciambella di salvataggio viene lanciata da Michele Viano, imprenditore albisolese che accetta di assumere il ruolo di Presidente; nel frattempo è cominciato il campionato e per il Savona è subito uno 0-4 casalingo contro il Montecatini che fa di tutto per evitare di tirare in porta…
Nella successiva trasferta di Civitavecchia esordisce in porta Tunno, ventenne portiere dai grandi margini di miglioramento e lo score si riduce a 0-1. Alla terza giornata una prova tutta cuore contro il Grosseto permette ai giovani striscioni di conquistare un punto che si rivelerà fondamentale nell’economia del campionato; poi viene il viaggio a Olbia, ma già si sa che dalla domenica successiva il Savona non sarà più composto da ragazzini.
Il Presidente Viano e i suoi collaboratori hanno cominciato a rastrellare tutto quello che riuscivano a trovare in giro in modo da da affidarlo a Valentino Persenda, l’unico allenatore possibile in un simile frangente: eterne promesse, vecchie glorie imbolsite e quei giocatori, alcuni dei quali validi, che a Ottobre non erano riusciti ancora a trovare una squadra.
I giornali annunciano con pagine intere la rinascita del Savona, le edicole sono colorate di biancoblù per i gadget che vengono regalati dai quotidiani, domenica 29 Ottobre sono 10.000 le persone che si recano a vedere Savona-Viareggio! L’entusiasmo è alle stelle, ci sono sfilate di bande e majorettes, comincia la partita e… il Viareggio va in vantaggio!
Ma di fronte a un pubblico del genere, anche una squadra raccogliticcia, senza preparazione e amalgama come il Savona di quel giorno, non può perdere. Due minuti e Zunino pareggia su rigore, poi nel secondo tempo Marcolini e Lanni chiuderanno definitivamente la pratica.
Il colpo dei colpi, però, deve ancora arrivare. Dalla serie A scende appositamente per “dare una mano” uno dei più grandi bomber italiani degli anni ’70: Pierino Prati! Il suo viaggio in giro per l’Europa e il mondo, che lo ha portato a conquistare tutti i trofei più prestigiosi, finisce a Savona: la squadra nella quale aveva esordito da giovanissimo in serie B, quella che lo aveva lanciato nel mondo del calcio professionistico, i colori dei quali si era follemente innamorato e che aveva voluto tornare ad indossare per chiudere la propria carriera da dove aveva iniziato. Il riscontro è immediato: la città si mobilita ad ogni partita per seguire gli striscioni. Si sprecano i treni speciali per ogni dove, nonostante il cammino incerto di una squadra messa insieme in quindici giorni.
Alla 12a giornata si presenta al Bacigalupo la Massese: il clima non è infuocato, è torrido. I toscani rinunciano al riscaldamento sul campo per evitare di arroventare ulteriormente il pubblico; il “prode” Marongiu, atteso con impazienza, ha pensato bene di farsi squalificare la giornata precedente: non si sa mai… Quando le squadre sbucano dal sottopassaggio 8.000 bocche urlano forsennatamente qualsiasi improperio contro i bianconeri; in uno stadio che vede i Carabinieri schierati sulla pista di atletica con i lacrimogeni dentro ai tascapane, la partita prende il via.
I tifosi non hanno neanche il tempo di smettere di urlare che già esultano: dopo 30 secondi ha segnato Dainese! Sembra l’inizio della tanto attesa rivincita, ma il risultato non si muoverà più dall’1-0.
Il 25 Gennaio 1979 muore Michele Viano, stroncato da un tumore: lo choc è grande, ma il gruppo dirigenziale è forte e il figlio risoluto nel continuare l’avventura intrapresa dal papà. Si prosegue quindi con rinnovata fiducia, dopo un comprensibile sbandamento durato qualche partita.
L’8 di Aprile, a sette giornate dal termine, al Bacigalupo arriva la Sanremese, preceduta da una sarcastica dichiarazione del suo presidente, Borra: “Prati? E’ una statua di sale”. Pierino la peste non andava provocato in questo modo poco urbano, ma replicò a modo suo: tripletta e 3-0 finale… Dopo quella sconfitta i matuziani vinsero tutte le ultime 7 partite e furono promossi in serie C1!
Il Savona, invece, continuò nei suoi alti e bassi fino ad arrivare all’ultima giornata bisognoso dei due punti sul campo del già salvo Derthona: a Tortona salirono circa 3.000 tifosi. Per portarli in trasferta vennero requisiti pullman in tutta la provincia; quando la marea di mezzi arrivò nella cittadina piemontese, provocò il collasso della viabilità verso lo stadio, situato in cima ad una collina servita da strette stradine. In un modo o nell’altro la situazione venne risolta e il Savona giocò l’ultima partita del torneo praticamente in casa. Da ricordare i tifosi più o meno nascosti dietro alle siepi intorno al campo di atletica e impazienti di festeggiare la salvezza già un quarto d’ora prima del fischio finale.
Il Savona mantenne quindi la categoria, riuscite ad indovinare a spese di chi? Ma della Massese, naturalmente: la vendetta è un piatto che si consuma freddo…
In un campionato del genere non ci fu solo la storia del Savona a tenere banco: alla fine delle 34 giornate appaiate al secondo posto, che garantiva anch’esso la promozione in C1, c’erano ben 5 squadre! Montevarchi, Cerretese, Carrarese, Sangiovannese e Imperia chiusero tutte a 41 punti.
Con una decisione che fece discutere, la Federazione, invece di considerare gli scontri diretti o almeno la differenza reti, decise di organizzare un minitorneo a cinque con partite di sola andata, in cui tutti avrebbero giocato due volte in casa e due fuori. Cosa si verificò alla fine del gironcino? La più assurda delle situazioni: di nuovo tutte le squadre appaiate con gli stessi punti!
Si era alle soglie di Luglio e la Cerretese, economicamente più debole, decise di rinunciare al “girone di ritorno”. Vennero così organizzati scontri ad eliminazione diretta che videro finalmente promosso il Montevarchi dopo un’estenuante maratona.