L’anno dell’ignominia. L’anno della macchia peggiore in tutta la storia sportiva del Savona. Ma vediamo come si è arrivati a tanto.
A inizio estate del 2015 la Procura di Catanzaro scoperchia parte del marciume che girava in Serie C e D: vale a dire che era prassi di dirigenti, allenatori e giocatori vendersi o comunque “aggiustare” le partite. Nel frattempo anche la Digos di Catania sta indagando: la squadra etnea si autodenuncerà (tramite il suo presidente Pulvirenti) per avere alterato il risultato di almeno 5 gare, al fine di evitare la retrocessione. Lo scandalo sarebbe enorme: significherebbe stravolgere in toto la classifica di Serie B, coinvolgendo anche società di lignaggio e facendo totalmente perdere credibilità al secondo torneo nazionale. Per cui la Procura Federale (e non solo) decide di sviare l’attenzione generale da una possibile bomba mediatica a un’altra, di gestione molto più semplice.
Si dà ampio risalto alle indagini del filone di Catanzaro, tanto che per mesi neanche si sanno le società chiamate in causa dal patron del Catania, mettendo sotto la luce dei riflettori una partita in particolare: Savona-Teramo, che ai tempi era valsa la promozione in Serie B degli abruzzesi. Per arrivare a creare il maggior risalto possibile si forzano determinate situazioni: per esempio, si afferma che Barghigiani era in Direttore Sportivo del Savona, quando costui era sì incaricato della gestione tecnica (assieme al suo sodale Ceniccola) ma solo in qualità di consulente esterno e non di dipendente. Perché la Procura arriva a dichiarare il falso pur di coinvolgere la società? Prima di tutto perché il Savona godeva di stima pressoché nulla negli ambienti, proprio a causa della scelta di coinvolgere due personaggi chiacchieratissimi come Barghigiani e Ceniccola; in secondo luogo perché la mala gestione societaria, con stipendi pagati in ritardo, continue inadempienze finanziarie ecc. era sotto gli occhi di tutti; in terza analisi perché serviva fortissimamente una partita da far passare come la “madre di tutti gli scandali”, in modo da mettere in temporanea naftalina tutto il resto.
L’operazione riuscì a metà: nelle prime settimane Savona e Teramo furono investite da un’ondata di fango che le seppellì sotto titoloni sparati in prima pagina dai quotidiani sportivi, poi, man mano che le udienze si dipanavano, le cose non andarono proprio come desiderato dai vertici federali. L’accusa era così strutturata: il presidente del Teramo, tramite il suo direttore sportivo, il direttore sportivo dell’Aquila e l’ex allenatore Ninni Corda, avrebbero concordato con Barghigiani e Ceniccola di lasciar vincere il Teramo a Savona. Per ottenere ciò sarebbero stati coinvolti il presidente del Savona, Dellepiane, e il capitano, Cabeccia. In più, il presidente teramano dichiarò di avere versato 30.000 euro da dividersi fra tutti i protagonisti.
Giova ricordare che nell’ordinamento sportivo, in barba a qualsiasi forma di diritto, non serve provare le accuse: basta che ci sia uno (Corda) che dice di avere sentito da un altro (Barghigiani) che un terzo (il presidente del Teramo) ha tirato fuori dei soldi per comprare una partita. Non importa se è successo veramente o no, con la semplice diceria si scatena il putiferio. Chiunque fosse stato allo stadio il giorno di Savona-Teramo, si sarebbe reso conto con i suoi occhi della differenza di tasso tecnico fra una squadra prima in classifica e una, penultima, che era riuscita a mettere assieme la metà dei punti della capolista. Non parliamo poi della coppia d’attacco biancorossa: Lapadula-Donnarumma, due che andranno a giocare in Serie A, letteralmente imprendibili due categorie più in basso.
Nonostante l’evidenza della situazione, che rendeva assurda tutta la costruzione dell’accusa, pesò come un macigno la confessione del presidente abruzzese, unica vera vittima di una truffa all’italiana (sullo stile di Totò che vende la fontana di Trevi all’allocco americano): lui i soldi li tirò fuori veramente, ma si fermarono molto prima di raggiungere il presidente o i giocatori del Savona…
Il processo di primo grado finisce con la retrocessione del Savona, la società fa ricorso, lo vince e viene riammessa in serie C. Nel frattempo, però, il tempo passa: Riolfo e il nuovo D.S. Papa si arrampicano sugli specchi per riuscire a convincere dei giocatori a venire a Savona. Il nome dei biancoblù è sputtanato in tutta Italia, chiunque senta parlare di Savona si volta dall’altra parte. L’inizio stagione è traumatico, addirittura gli striscioni saltano le prime 3 giornate in attesa di conoscere l’esito della sentenza di secondo grado: si ricomincerà dalla 4a di andata, guarda caso Teramo-Savona. Con un calendario compresso all’inverosimile per far recuperare ai biancoblù le giornate saltate, la squadra di Riolfo riesce anche a compiere un piccolo miracolo sportivo e ad azzerare la penalizzazione il 1° di novembre, con la vittoria contro il Pisa. Il giorno dopo, però, arriva la mazzata che distrugge definitivamente il morale di tutto l’ambiente: altri 5 punti di penalizzazione per le reiterate irregolarità amministrative, che continuavano anche in un momento in cui si sarebbe dovuto dimostrare che la società era virtuosa, quindi degna della categoria che occupava. Invece, l’esatto contrario.
Si va così avanti fra ricorsi, controricorsi, penalizzazioni che aumentano, diminuiscono e non ci si capisce più nulla. Nel marasma generale ci finiscono tutti, tifosi, giocatori, allenatore e società, che a 8 giornate dalla fine prende una decisione incomprensibile, non nella sostanza ma nei tempi: via Riolfo e dentro un demotivatissimo Maurizio Braghin, che altro non può fare che accompagnare la squadra a una retrocessione, tanto mesta quanto scontata.
A corollario di tutto, va anche ricordato come a società pesantemente coinvolte nel calcio-scommesse con dirigenti e giocatori rei confessi o colti nell’evidenza dei fatti (quali, ad esempio, Santarcangelo e L’Aquila), non solo venne risparmiata la gogna mediatica toccata al Savona, ma vennero portate in giudizio solo a gennaio con richieste da parte dell’accusa, a parità di reato, ben più lievi rispetto a quanto fatto nei confronti dei biancoblù.